Vasco Ascolini, nasce a Reggio Emilia il 10 maggio 1937 e in occasione della sua entrata, nel 1964, all’Istituto Statale d’Arte di Reggio Emilia in qualità di impiegato amministrativo i colleghi insegnanti, in particolare quelli addetti alle materie artistiche, che gli sono coetanei, lo accolgono nella loro cerchia amicale e stimolano in lui il desiderio di dedicarsi ad una attività creativa. Nel 1965 decide di diventare fotografo. La Fotografia è materia che non si insegna nella scuola e quindi, per questo apprendistato, gli saranno preziosi i consigli di un gruppo di fotografi reggiani ormai da anni attivi in questo campo: Stanislao Farri, Giuliano Menozzi, Tullio Tagliavini e Vittorino Rosati gli saranno generosi maestri.
La sua poetica nasce dalla sedimentazione in lui di letture comunque legate all’immaginario di autori come Borges, Melville, Conrad, Stivenson e, ancora prima, Emilio Salgari e Luigi Motta . La possibilità di consultare e guardare i libri, anche rari, conservati nell’Istituto d’Arte, farà maturare il lui il senso della percezione visiva. Influiranno sulle sua cifra distintiva, sia del periodo della fotografia di teatro, sia del genere successivo - legato ai beni culturali delle città, ai luoghi museali, e dell’arte - le letture di Kant et Burke sulla categoria del “sublime”. La sua scelta sarà di una cifra “al nero”, dove il concetto di “vuoto” e “infinito” trovano spesso un' attenzione particolare. Resta legato al principio che la “fotografia” deve lasciare immaginare più che mostrare.
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